Noi repubblicani: da dove veniamo 1904

33. I repubblicani, in Romagna, sono diventati totalizzanti

In Romagna il predominio dei partiti popolari nelle amministrazioni municipali era quasi incontrastato. A Forlì nelle ultime elezioni supplettive del 15 febbraio 1903 sui 16 seggi vacanti, i repubblicani conquistarono i 13 seggi della maggioranza e i socialisti i tre della minoranza. Avendo la quasi totalità dei seggi del Consiglio, il PRI potè dedicarsi alla completa attuazione del programma amministrativo enunciata nel 1901 e cioè “di sostenere, compatibilmente con le risorse del bilancio e con l'attuale legislazione, tutte quelle riforme di indole morale ed economica che sono reclamate dal più elementare senso di giustizia”, di costruire l'acquedotto, “di provvedere a costo di qualsiasi sacrificio alla costruzione di un nuovo ospedale, di addivenire alla abolizione della cinta daziaria, di dare incremento all'istruzione popolare, di istituire la refezione scolastica, di iniziare la municipalizzazione dei servizi pubblici.” In primo luogo quella del gas, “di accordare un sussidio annuo alla Camera del Lavoro, di preferire le cooperative nell'esecuzione dei lavori municipali” (come si legge su Il Pensiero Romagnolo n.28 del 12 luglio 1908). E quando il 24 luglio 1904 si svolsero le elezioni supplettive per il rinnovo di un terzo del Consiglio, i repubblicani, che soli si presentarono con una lista di 14 candidati (fra cui 5 indipendenti), conquistarono anche i tre seggi della minoranza mancando ogni opposizione. Poterono così aggiungere al precedente programma, in parte già attuato, il consolidamento del debito vitalizio, la municipalizzazione dell'espurgo dei pozzi neri, il risanamento dei quartieri popolari, il riordinamento dei servizi di igiene e di pulizia urbana, migliorando il sistema delle fognature, la costruzione di un nuovo palazzo delle Poste e Telegrafi, la radiazione dal bilancio comunale delle spese di competenza dello Stato (come si legge nel n.23 de Il Pensiero Romagnolo del 24 luglio 1904). Alla fine del 1905, quando terminò quell'amministrazione e se ne iniziò una congiunta repubblicono-socialista che durerà fino al luglio 1908, quasi tutti i punti del programma erano stati attuati, eccettuati il consolidamento del debito vitalizio, la costruzione del palazzo delle Poste, a causa della lentezza con cui gli organi centrali avevano proceduto alla approvazione del progetto, e la costruzione del nuovo ospedale per insuperabili difficoltà finanziarie, pur essendo stata adottata la deliberazione di devolvere a quella costruzione le somme raccolte per il monumento ad Aurelio Saffi.

Se a Forlì l'autorità tutoria non frappose seri ostacoli alle realizzazioni della Giunta comunale, a Ravenna il controllo della Prefettura fu invece opprimente. Nel febbraio 1904 il contrasto fra amministrazione comunale e G.P.A. (Giunta Provinciale Amministrativa) si fece acuto, perchè la Giunta prefettizia aveva ripetutamente ingiunto al Comune di applicare il dazio di consumo alle società politiche del forese cosiché la Giunta comunale il 12 febbraio insorse energicamente alla minaccia dell'invio, a carico del bilancio comunale, di un Commissario ad acta che applicasse il dazio e convocò per il 21 un comizio di protesta. Al comizio parlarono per i repubblicani il riminese Umberto Serpieri, che nell'aprile del 1903 aveva assunto la direzione della “Libertà” e la segreteria del PRI ravennate e per i socialisti Andrea Cagnoni. L'effetto fu favorevole perchè da quel momento la G.P.A. desistette dall'applicazione di quel dazio (che già veniva applicato alle Cameracce, cioè ai Circoli popolari frequentati per lo più dai repubblicani) alle Sezioni di Partito, anche se queste spesso erano situate negli stessi immobili in cui stavano le Cameracce..

I rapporti tra Comune e G.P.A. vennero comunque ai ferri corti e una speciale Commisssione prefettizia falcidiò gli stanziamenti comunali. Furono così cancellati “gli aumenti di salari e di indennità di alloggio alle guardie daziarie, agli spazzini, ai cantonieri, al direttore e al bollatore del macello” furono ridotte “le spese per la manutenzione dei locali e delle suppellettili delle scuole, per le stampe, le spese d'ufficio e il riscaldamento delle medesime”, furono annullate le spese per la istituzione di scuole estive e di un corso di lavoro manuale fra i maestri comunali, eliminati i fondi per l'impianto e il funzionamento di un ricreatorio laico festivo, per l'ampliamento del forno comunale e la costruzione di un bagno pubblico, ridotto il fondo per la refezione scolastica da 25 mila a 15 mila lire (come si legge su La Libertà n.15 del 9 aprile 1904). Quello stesso giorno tutti i consiglieri rassegnarono le dimissioni dopo aver deliberato la sospensione dell'applicazione della imposta di famiglia, che la GPA aveva invece approvato. Il Governo nazionale, pur essendo guidato dai liberali progressisti, evidentemente non gradiva la politica sociale e i programmi realizzati dai repubblicani a livello locale.

L'elezione del nuovo Consiglio comunale si svolse il 30 ottobre: solo i repubblicani portarono una lista di maggioranza, pressochè la stessa che aveva costituito la passata amministrazione; i socialisti si presentarono per la minoranza e i monarchici, divisi e discordi, si astennero. Tutti i candidati repubblicani furono eletti e il 3 novembre fu eletta dal Consiglio la stessa Giunta della precedente amministrazione.

 

34. I giovani repubblicani vengono educati nei principi mazziniani e cattanei nella F.G.R.

Vorrei chiudere i riferimenti al 1904 con due episodi significativi. Il primo, di carattere politico organizzativo: dal 1904 l'organizzazione delle forze giovanili ebbe la sua palestra formativa nella Federazione Giovanile Repubblicana. Come ci racconta Alfredo de Donno (L'Italia dal 1870 al 1944, Casa Editrice Italiana, Roma, 1945) che a quei tempi era un giovane repubblicano, “La trinità della cultura repubblicana era allora costituita da Arcangelo Ghisleri, Napoleone Colajanni e Pio Viazzi. Questa trinità conduceva per mano i giovani nel labirinto della sociologia moderna.. Attraverso Mario e Bovio, di cui erano valenti continuatori, Ghisleri, Colajanni e Viazzi ricollegavano quell'ultima generazione su un filo ai primi maestri, Mazzini e Cattaneo....Essi conservano il nocciolo del pensiero originario comune, ma lo rielaborano e rieccheggiano con originalità, attualizzandolo, inserendolo nella prassi della vita contemporanea.” “Ad esempio - scrive Bruno di Porto nel suo, già citato, Il Partito Repubblicano Italiano – Viazzi trovava un nesso tra il pragmatismo bergsoniano e l'idealismo pratico di Mazzini . Napoleone Colajanni, dal canto suo, difendeva il pensiero di Mazzini dagli ingenerosi attacchi, cui molti socialisti lo sottoposero quando il ministro della pubblica istruzione Nasi decise di introdurre nelle scuole elementari la lettura dei Doveri dell'uomo. Quell'opera, con cui Mazzini s'era rivolto al popolo, fu allora definita arnese di morale conservatrice, destando lo sdegno di Colajanni che insorse, conservando la calma, col suo libro Preti e socialisti contro Mazzini. Colajanni salvò l'idealismo mazziniano dalla indebita confusione che si faceva con l'idealismo conservatore e clericale. A noi quello scritto interessa perchè mostra la forma mentis del nuovo repubblicanesimo, che insorgeva a difendere l'alta spiritualità mazziniana con modernità di termini e compreso esso stesso in quel modo di intendere scientifico e pratico, di cui certi socialisti positivisti credevano di avere l'esclusiva.”

“Si vuole introdurre Mazzini nelle scuole per inchiodare l'anima dei giovani ad un credo che convenga alle classi dominanti.” Così scrivevano i socialisti (in parte con ragione dal momento che i governanti avevano introdotto nelle scuole il testo mazziniano purgato ); ma non tutti i socialisti concordavano nel condannare Mazzini; taluni, fra cui soprattutto Arturo Catelani, sentirono in lui un precursore del socialismo stesso e anche da parte dei repubblicani si cercarono le concordanze fra mazzinianesimo e socialismo, vedendo, però, in Mazzini non tanto il precursore del socialismo, quanto il precursore delle modificazioni cui il socialismo era destinato a pervenire dopo essersi sperimentato nella realtà. Già Antonio Fratti, l'eroe di Domokos, aveva additato nel socialista Malon* posizioni accettabili per i repubblicani con riferimento alle Cooperative e anche Colajanni notava come le tesi di Lassalle** si avvicinassero alla soluzione mazziniana del problema operaio. Ai primi del novecento Alfredo Bottai***, che aveva una buona conoscenza dell'intera letteratura socialista e non soltanto di quella marxista, coniò l'espressione di socialismo mazziniano, ripresa quarant'anni dopo da Giulio Andrea Belloni, di cui ci occuperemo a suo tempo..

Rimanevano dunque per i repubblicani, con i socialisti riformisti, possibilità di accostamento ideologico, ove ci si convincesse di non abolire la proprietà ma di modificarne la distribuzione, senonchè si dividevano sulla rivendicazione della repubblica, cui i socialisti rinunciarono. In questo senso, invece ci fù maggiore affinità tra i repubblicani e i socialisti rivoluzionari, gli anarchici e, in seguito, con i sindacalisti, che condividevano l'isolamento dell'Estrema sinistra, di cui i repubblicani furono sempre il perno.

* com'è noto, Benoit Malon, esule in Italia, dalla Comune di Partgi del 1872 diffuse da noi le idee socialiste che poi si diffusero, con i giornali Il Povero e La Plebe, e attrassero Cavallotti, Turati e Bignami poi Osvaldo Gnocchi Viani e Andrea Costa.

** com'è altrettanto noto Ferdinand Lassalle socialista tedesco, ebreo, che aveva preso parte alla rivoluzione del 1848, nel suo libro Il programma operaio del 1862, in polemica con Marx, spiegava che la società borghese garantiva l'illimitato sviluppo della attività produttiva e, propagandava la “legge ferrea dei salari” che sanciva l'impossibilità di continui aumenti salariali. Credeva però che il proletariato rappresentasse la comunità, la solidarietà e la reciprocità degli interessi, e credeva quindi che la causa dei lavoratori fosse la causa dell'umanità. Val la pena di riprodurre una sua frase (per notare un'assonanza con Mazzini): “Il corso storico è una lotta contro la natura, contro l'ignoranza e l'impotenza, e, quindi, contro la schiavitù e contro ogni genere di sottomissione alla quale siam stati sottomessi dalle leggi stesse di natura sin dall'inizio della storia. Il progressivo superamento di tale impotenza è l'evoluzione della libertà, della quale la storia dà prova. In questa battaglia l'umanità non avrebbe fatto alcun passo avanti se gli uomini avessero deciso di lottare singolarmente, ognuno per se stesso. Lo Stato è la contemplata unità e la cosciente cooperazione degli individui in un organismo morale unico; la sua funzione è quella di portare avanti questa battaglia, attraverso una combinazione che moltiplica di un milione di volte le forze di tutti gli individui in esso concentrati e che accresce di un milione di volte il potere che ogni singolo individuo sarebbe capace di esercitare singolarmente"

*** Sindacalista, impegnato fin da giovane nel P.R.I., nel 1904 scrisse e collaborò con giornali quali Il corriere della democrazia e fondò a Parma, due anni dopo, il Circolo Giuseppe Mazzini. Negli anni '20 collaborò con Alceste Se Ambris nella difesa dei diritti comuni. Scrisse, tra l'altro Il socialismo mazziniano.

 

35. La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto.

in "continua 1904 bis"