17. apr, 2022

40° post - Questione economica 6 - Conclusioni di Mazzini

Prendiamo ancora direttamente dal pensiero di Giuseppe Mazzini quanto è importante sapere sull'affronto della questione economica: "Il rimedio alle vostre condizioni non può trovarsi in organizzazioni generali, arbitrarie, architettate da uno o altro intelletto, contraddicenti alle basi universali adottate nel viver civile e impiantate per via di decreti. Noi non siamo quaggiù per creare l’umanità, ma per continuarla: possiamo e dobbiamo modificarne, ordinare meglio gli elementi costitutivi; non possiamo sopprimerli. L’Umanità è e sarà sempre ribelle a disegni siffatti. Il tempo che voi spendereste intorno a quelle illusioni, sarebbe dunque tempo perduto.

Non può trovarsi in aumenti di salari imposti dall’autorità governativa, senz’altri cambiamenti che aumentino i capitali: l’aumento delle spese di salari, cioè l’aumento delle spese di produzione, trascinerebbe il rincaro dei prodotti, la diminuzione del consumo e quella quindi del lavoro per gli operai.

Non può trovarsi in cosa alcuna che cancelli la libertà, consacrazione e stimolo del lavoro: nè in cosa alcuna che diminuisca i capitali, strumenti del lavoro e della produzione.

Il rimedio alle vostre condizioni è l’unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani.

Quando la società non conoscerà distinzione fuorché di produttori e consumatori o meglio quando ogni essere umano sarà produttore e consumatore — quando i frutti del lavoro, invece di ripartirsi tra quella serie d’intermediari che, cominciando dal capitalista e scendendo sino al venditore al minuto, accresce sovente del cinquanta per cento il prezzo del prodotto, rimarranno interi al lavoro — le ragioni permanenti di miseria spariranno per voi. Il vostro avvenire è nella vostra emancipazione dalle esigenze di un capitale arbitro oggi di una produzione alla quale rimane straniero.

Il vostro avvenire materiale e morale. Guardatevi intorno. Ovunque voi trovate il capitale e il lavoro riunito nelle stesse mani — ovunque i frutti del lavoro sono non foss’altro, ripartiti fra quanti lavorano, in ragione del loro aumento, in ragione dei loro benefici all’opera collettiva — voi trovate diminuzione di miseria e a un tempo aumento di moralità. Nel Cantone di Zurigo, nell’Engadina, in molte altre parti della Svizzera dove il contadino è proprietario, e terra, capitale, lavoro, sono congiunti in un solo individuo — in Norvegia, nelle Fiandre, nella Frisia Orientale, nell’Holstein, nel Palatinato Germano, nel Belgio, nell’isola di Guernesey sulle coste inglesi — è visibile una prosperità comparativamente superiore a quella di tutte l’altre parti d’Europa dove manca al coltivatore la proprietà della terra. Una razza d’agricoltori popola quelle contrade notabili per onestà, dignità, indipendenza e modi schiettamente leali. Le abitudini dei lavoranti nelle miniere di Cornwal in Inghilterra come quelle dei navigatori Americani che trafficano colla Cina e sono addetti alla pesca delle balene, fra i quali è in vigore la partecipazione agli utili dell’impresa, sono riconosciuti, da documenti ufficiali, migliori che non quelle dei lavoranti sottomessi unicamente alla legge del salario predeterminato.

Il lavoro associato, il riparto dei frutti del lavoro, ossia del ricavato della vendita dei prodotti, tra i lavoranti in proporzione del lavoro compiuto e dal valore di quel lavoro: è questo il futuro sociale. In questo sta il segreto della vostra emancipazione. Foste schiavi un tempo: poi servi: poi assalariati: sarete fra non molto, purché lo vogliate, liberi produttori e fratelli nell’associazione.

Associazione libera, volontaria, ordinata su certe basi da voi medesimi, tra uomini che si conoscono e s’amano e si stimano l’un l’altro, non forzata, non imposta dall’autorità governativa, non ordinata senza riguardo ad affetti e vincoli individuali, tra uomini considerati non come esseri liberi e spontanei, ma come cifre e macchine produttrici.

Associazione amministrata con fratellanza repubblicana da vostri delegati e dalla quale potrete, volendo, ritirarvi: non soggiacente al dispotismo dello Stato e d’una gerarchia costituita arbitrariamente e ignara dei vostri bisogni e delle vostre attitudini.

Associazione di nuclei formati a seconda delle vostre tendenze, non come vorrebbero gli autori dei sistemi ch’io vi accennai, di tutti gli uomini appartenenti a un dato ramo d’attività industriale o agricola.

Il concentramento di tutti gl’individui addetti, nello Stato o anche in una sola città, ad un’arte in una sola società produttrice, ricondurrebbe l’antico tirannico monopolio delle Corporazioni, renderebbe i produttori arbitri dei prezzi a danno dei consumatori; darebbe forma legale all’oppressione delle minoranze; esilierebbe l’operaio malcontento da ogni possibilità di lavoro, e sopprimerebbe ogni necessità di progresso spegnendo ogni rivalità di lavoro, ogni stimolo alle invenzioni.

L’Associazione tentata timidamente e in circostanze sfavorevoli in Francia negli ultimi venti anni, poi in Inghilterra e nel Belgio, e coronata di successo dovunque fu tentata con fermo volere e spirito di sacrificio, contiene il segreto di tutta una trasformazione sociale che dovrebbe, in virtù delle vostre tradizioni e dell’iniziativa di progresso sociale che fu sempre in voi, compiersi in Italia. E questa trasformazione, emancipandovi dalla schiavitù del salario, avviverebbe a un tempo, a pro di tutte le classi, la produzione e migliorerebbe lo stato economico del paese. Oggi, il capitalista tende generalmente a guadagnare quanto più può per ritirarsi dall’arena del lavoro: sotto l’ordinamento dell’associazione, voi non tendereste che ad accertare la continuità del lavoro, cioè della produzione. Oggi, il capo, direttore dei lavori, fatto tale non da una speciale attitudine ma dal suo trovarsi fornito di capitali, è spesso improvvido, avventato, incapace: una associazione, diretta da delegati, vigilata da tutti i suoi membri, non correrebbe rischi siffatti. Oggi, il lavoro è spesso diretto verso la produzione d’oggetti superflui, non necessari: grazie all’ineguaglianza capricciosa e ingiusta delle retribuzioni, i lavoranti abbondano in un ramo, fanno d’attività e difetto in un altro; l’operaio, limitato a un servizio determinato, non ha motivo per consacrare all’opera sua tutto lo zelo del quale è capace, tutta l’attività colla quale egli potrebbe moltiplicare o migliorare i prodotti. E l’associazione porrebbe evidentemente rimedio a queste ed altre questioni.

Libertà di ritirarsi, senza nuocere all’associazione — eguaglianza dei soci nell’elezione d’amministratori a tempo o meglio soggetti a revoca — ammissione, posteriormente alla fondazione, senza esigenza di capitale da versarsi e costituzione d’un prelevamento, a pro del fondo comune, sui benefici dei primi tempi — indivisibilità, perpetuità del capitale collettivo, — retribuzione per tutti, eguale alla necessità della vita, — riparto degli utili a seconda della quantità e della qualità del lavoro di ciascuno — son queste le basi generali che voi, se volete far opera di avvenire per l’elemento al quale appartenete, dovrete dare alle vostre associazioni. Ciascuna di queste basi, quella segnatamente che riguarda la perpetuità del capitale collettivo, vincolo e pegno d’emancipazione tra voi e la generazione futura, meriterebbe un capitolo. Ma un lavoro speciale sulle associazioni operaie non entra nell’economia del presente scritto. Forse, se Dio mi presta ancora qualche anno di vita, io lo farò separatamente e con amore per voi. Intanto, abbiate certezza che l’indicazione di quelle norme è in me frutto d’esame meditato e severo e merita attenta considerazione da voi."