4. lug, 2022

117° post - "LA MORTE DI MAMELI" - 11° paragrafo, parte II /2° capitolo - Dall’inizio dell'esilio inglese alla fine della Repubblica Romana (1837 - 1849)

Dall'almanacco dei martiri del dovere, riportiamo che, come oggi, il 4 luglio 1848 morì a Genova Francesco Anzani 48 anni, comandante in seconda della Legione Italiana che combattè in America con Garibaldi per la libertà dei popoli, e venuto con lui in Italia sebbene ammalatissimo, per combattere gli austriaci.

LA REPUBBLICA RESISTE - La morte di Mameli

Anche Ancona a fine maggio si preparava al suo martirio. Il Preside Mattioli ricevette il Generale Wimpffen nel palazzo del governo della città. Il Mattioli stava fumando un sigaro. Il generale austriaco parlava al Preside, mentre in un angolo della stanza stava il conte Livio Zambeccari, bolognese, comandante della difesa della città.
“Signor Preside di Ancona, la informo che la città è assediata dai miei soldati e dalle navi dell’Ammiragliato che stazionano nel Porto.
Le intimo la resa a nome del mio Imperatore che dopo aver riconsegnato le Legazioni di Bologna e Ferrara e le Romagne a Pio IX, legittimo sovrano, vuole riconsegnare anche le Marche. Roma è ormai completamente in mano dei soldati francesi e da essa non vi potete aspettare alcun aiuto.”

Il Conte Zambeccari si presentò al generale:”Sono Livio Zambeccari, bolognese, e ho l’onore di difendere la città dalle vostre truppe. Sappia Generale, che Ancona non è Bologna e prima di capitolare venderem cara la pelle”
Intervenne allora il Preside Mattioli:”Il nostro comandante vi ha già risposto, Generale. La città non si arrende agli sbirri del Papa.”
Il Generale austriaco si irrigidì sull’attenti, battè i tacchi ed uscì dalla stanza.

Su Ancona iniziarono così a cadere le bombe sparate dalle navi ormeggiate nel Porto. La gente fuggì e le campane delle chiese suonarono a stormo.

Per le strade di Ancona si combattè corpo a corpo fra i difensori della città e i soldati austriaci. Ogni giorno la città fu cannoneggiata e fu distrutto anche l’acquedotto volontariamente per portare allo stremo la popolazione resistente. Trascorsi 25 giorni dall’intimazione della resa la città esausta e senza viveri dovette capitolare. Il ventuno giugno fu firmata la resa e di lì a poche ore, entrò l’esercito austriaco con la propria fanfara.

Mazzini ormai dimesso da Triumviro andò a Casa di Modena in Piazza della Pietra. Era un uomo irriconoscibile, pallido, gli occhi rossi, nervoso. Camminava per la stanza, e pensava:”Mi ritiro amareggiato in casa di Gustavo per non vedere i Francesi a Roma”
Poi si sedette e scrisse:”Cara Madre: Roma ha ceduto mercé le decisioni dell’Assemblea. La posizione, militarmente, era cattiva, ma poteva farsi una difesa di barricate, tale da far stupire il mondo. L’Assemblea non lo volle: un momento di paura ha perduto tutto. Quando fu ordinato di cedere, io diedi la mia dimissione insieme ai miei colleghi. Io proposi all’Assemblea, se voleva rinunziare alla difesa in Roma, di uscire da essa, noi, l’esercito, la cassa, tutto il materiale di guerra, ogni cosa e andare a combattere altrove. L’Assemblea non ha voluto. Dei Francesi non ho voglia di parlare; trattano qui peggio assai dei Croati. Nessun onesto vuol servirli. Essi si circondano di spie, ladri, vecchi agenti di Gregorio. Sono circa 40.000 in città. il povero Goffredo Mameli è morto, non gli valse l’ amputazione, povera madre sua. Abbiatevi cura e amate il vostro Giuseppe."