Il Partito Repubblicano Italiano è l'unico nel 1914 che chiede l'immediata entrata in guerra contro l'Austria
All'indomani dello scoppio della Prima Guerra Mondiale - mentre i gruppi conservatori e militaristi premevano perchè l'Italia entrasse nel conflitto a fianco dell'Austria e della Germania - il PRI, che sempre si era opposto all'alleanza con i due imperi centrali denunciandone la natura conservatrice e reazionaria soprattutto sul piano interno, lanciò la campagna per l'intervento diffondendo centinaia di migliaia di manifesti nel Paese in cui si proclamava l'alternativa: "O sui campi di Borgogna per la sorella latina, o a Trento e Trieste", e sottolineava che l'intervento non avrebbe avuto solo delle finalità nazionali; ma si collocava in una prospettiva europeistica: costruire "la nuova Santa Alleanza dei popoli, per gli Stati Uniti d'Europa" - e continuava - "questa è la parola propria dell'Italia. Questo è il monito che la parte repubblicana manda ai responsabili di quest'ora davanti alla storia".
La linea interventista, che i repubblicani sosterranno con serenità e fermezza di fronte all'ambiguità di tutte le altre forze politiche, non era stata frutto di scelte facili.
Il PRI, partito che aveva sempre combattuto il militarismo e i suoi miti, giudicandoli in contrasto con i valori della cultura e dell'unità nazionale, partito che si era sempre battuto contro la politica di potenza e di sopraffazione, sostenendo che anche la politica estera va assoggettata ai principi della democrazia, non sottovalutava nè i pericoli, nè gli orrori della guerra.
Ma i repubblicani sentirono che era la natura stessa del conflitto ad imporre tale scelta, giacchè questa volta erano in gioco le sorti dell'umanità.
Posti di fronte all'interrogativo: "Che cosa accadrà se la guerra sarà vinta dalla Germania e dall'Austria, i due imperi che si fondano sui principi del militarismo feudale e dell'autoritarismo statale, e dove prevale una concezione di vita di per se stessa in contrasto coi principi della democrazia"?, i repubblicani non potevano avere esitazioni.
Infatti il 4 agosto del 1914, a Forlì, in una riunione della Consociazione repubblicana per discutere sulla conflagrazione europea, si decise di sposare la causa francese e che, continuando la gloriosa tradizione garibaldina e mazziniana, un corpo di volontari accorresse in aiuto dellaFrancia.
L'11 agosto seguente, un Comitato speciale, composto dai membri della Commissione Esecutiva del PRI, da De Ambris, da Taroni e dai rappresentanti delle varie parti d'Italia, riunitosi a Milano, prese aperta posizione a favore della guerra di liberazione e indipendenza europea.
Alla fine dello stesso mese l'Onorevole repubblicano Chiesa e altri deputati repubblicani con socialisti indipendenti chiesero a Presidente del Consiglio di convocare il Parlamento e contemporaneamente presentarono alla presidenza della Camera una mozione, da discutersi, secondo la quale - protestando contro la violenza brutale degli imperi d'Austria e di Germania, affermando che la neutralità d'Italia non può significare fellonia innanzi alla coalizione reazionaria avventatasi in offesa del principio di nazionalità, ricordando che l'Italia, violentata anch'essa nel suo diritto nazionale dall'Austria sulle Alpi Giulie, sul mare e nel Trentino, può avere minacciato il suo domani dalla medesima aggressione che oggi mette a sangue l'Europa - la Camera avrebbe dovuto invitare il Governo a provvedere secondo i principi, il diritto, la dignità e gli interessi della patria, della civiltà e dell'umanità.
Dall'agosto 1914 l'atmosfera si andò sempre più riscaldando: alle polemiche infuocate, alle esortazioni ad agire si aggiunse poi per i repubblicani l'esempio dei volontari garibaldini.
Era successo che, nella seconda metà di luglio, un gruppo numeroso di garibaldini, di irredentisti e di interventisti ante litteram si riunì a Roma per esaminare la situazione o meglio l'opportunità di promuovere la costituzione di una legione di Camicie Rosse, che, al comando di Ricciotti Garibaldi, figlio di Giuseppe Garibaldi, avrebbe dovuto schierarsi al fianco della Serbia e contro l'eterno nemico dell'Italia.
Ma al termine della riunione passò, a stragrande maggioranza, la proposta di sospendere ogni decisione in attesa della maturazione degli eventi.
Sei giovani non vollero accettare la decisione dell'assemblea e stabilirono, seduta stante, di partire per la Serbia.
Questi erano: Cesare Colizza di Marino (Roma), anarchico seguace di Max Stirner, Vincenzo Bucca, di Palermo, segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana, Mario Corvisieri di Castel Madama (Roma), Nicola Goretti di Sutri (Viterbo), Ugo Colizza, fratello di Cesare e Arturo Reale, di Marino, tutti repubblicani.
Saranno i primi italiani in armi a morire nell'agosto del 1914 nella Prima Guerra Mondiale.