La primavera di Praga cantata da Francesco Guccini
Il PRI contro l'oppressione russo-sovietica del popolo cecoslovacco
La Primavera di Praga è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia all'epoca in cui questa era sottoposta al controllo dell'Unione Sovietica, dopo gli eventi successivi alla seconda guerra mondiale e nell'ambito della guerra fredda.
Essa iniziò il 5 gennaio 1968, quando lo slovacco Alexander Dubček divenne segretario del Partito Comunista di Cecoslovacchia, terminando il 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione militare dell'Unione Sovietica e degli alleati del Patto di Varsavia invase il paese.
Le riforme della Primavera di Praga furono un tentativo da parte di Dubček di concedere nuovi diritti ai cittadini grazie ad un decentramento parziale dell'economia e alla democratizzazione. Le libertà concesse inclusero un allentamento delle restrizioni alla libertà di stampa e di movimento. Dopo una discussione nazionale sulla possibilità di dividere il paese in una federazione di tre repubbliche, Boemia, Moravia-Slesia e Slovacchia, Dubček sostenne la decisione per la divisione della Cecoslovacchia in due nazioni distinte: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Questo è stato uno dei pochi cambiamenti - che sarebbe comunque divenuto operativo solo dopo la fine del blocco sovietico - che è sopravvissuto alla fine della Primavera di Praga.
Le riforme, in particolare quelle per il decentramento delle autorità amministrative e le libertà di espressione, non furono assecondate dai sovietici che, dopo il fallimento dei negoziati, inviarono migliaia di soldati e carri armati del Patto di Varsavia ad occupare il paese.
Si verificò una ondata di emigrazione verso i paesi dell'Europa occidentale, mentre le proteste non violente furono all'ordine del giorno, tra cui le proteste-suicidio dello studente Jan Palach e di altre persone che lo emularono.
La Cecoslovacchia rimase occupata fino al momento della caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietico.
In Italia, a scendere in piazza contro la repressione sovietica di quell'anno furono solo i repubblicani e i socialisti. Ancora una volta i comunisti italiani si dimostravano troppo legati all'Unione Sovietica per arrivare a scendere in piazza. Iniziavano comunque a dissentire, almeno sul proprio giornale.
A Rimini nell'agosto del 1968 sfileranno con cartelli di protesta sul lungomare solo repubblicani, socialisti e turisti-fuoriusciti cecoslovacchi