6. lug, 2022
119° post - "IL COMITATO CENTRALE EUROPEO" - 1° paragrafo / 3° capitolo - I moti mazziniani dal 1852 al tentativo di Carlo Pisacane (1852-1858)
Dall'almanacco dei martiri del dovere, riportiamo che, come oggi, il 6 luglio 1849 morì a Roma Goffredo Mameli per la ferita riportata durante la difesa di Roma dai francesi nella Repubblica Romana
Il Comitato Centrale Europeo
Mazzini in questo periodo alloggiava nella periferia di Losanna a Villa Montallegro di fronte al lago. Nel salottino della villa insieme a Mazzini, quel giorno c’erano Saffi, Pisacane e Quadrio.
All’improvviso Mazzini si sentì male, sudò, si alzò e si allontanò lasciando i compagni preoccupati.
Appena nella sua stanza, Mazzini barcollante si fermò. Poi avanzò verso il letto e si sdraiò. Mazzini si strinse la fronte con la mano, e riflettè:”Poveri giovani, patrioti, caduti per una causa inutile e disperata sotto la cieca vendetta scatenata dai governi in Italia”.
Mazzini sudava e si asciugava, poi, sempre supino, lo sguardo si fissò verso l’ alto…
Giunto a Londra qualche settimana dopo, Mazzini si trovò a cena, in casa Ashurst con tutta la famiglia di quest’ultimo. Mazzini davanti a questa famiglia, commosso disse ad Ashurst:”Sono arrivato a Londra il 27 maggio e sinceramente non pensavo di essere diventato tanto popolare”.
Durante la cena Mazzini si rivelò un burlone divertentissimo.
Mazzini chiuse la donna di servizio in cucina, servì in tavola facendo una confusione terribile con i piatti, mescolò le salse e i vini e offrì i cibi sbagliati ai commensali.
La signora Ashurst che rideva fino alle lacrime, sbracciandosi implorò:”Ti prego, Giuseppe, siediti!”
Qualche giorno dopo Mazzini era seduto a un tavolo e, seduti sulle sedie in un salone, un folto pubblico. Erano gli operai italiani di Londra e gli esuli rimasti fedeli a Mazzini che stava parlando:”Abbiamo costituito un Comitato Centrale, composto da me per l’ Italia, da Ledru-Rollin per la Francia, di Darasz per la Polonia, d’Arnoldo Ruge per la Germania e d’altre parti che saranno nominate più avanti.
Siamo ora riuniti nel Comitato Nazionale Italiano che è composto da Saliceti, Montecchi, Saffi, Sirtori e da me, costituito da 60 ex membri dell’Assemblea della Repubblica Romana e da cento altre persone, rappresentanti veneti, siciliani, napoletani o altri che ebbero impieghi politici o militari importanti negli ultimi due anni.
Organo del nostro Comitato è l’Italia del Popolo che ne pubblicherà gli atti ufficiali, il primo dei quali sarà un Prestito Nazionale le cui cartelle saranno redimibili a insurrezione compiuta e che renderanno il 6% fino a quel momento. Il danaro raccolto servirà per l’acquisto delle armi necessarie a ricacciare l’Austria al di là delle Alpi e a liberare l’Italia dai tiranni che la tormentano”
Intanto a Genova in via Lomellini 11, la madre di Mazzini aveva ricevuto una lettera del figlio e l’aprì con trepidazione:”Cara Madre, le cose di Francia vanno male, Luigi Napoleone non ha partito alcuno, e nondimeno riesce. Due grandi ragioni producono questo: il senso morale perduto in Francia, e le stolte furibonde predicazioni del socialismo, che hanno spaventato la borghesia. A forza di predicare gli interessi materiali all’operaio e al contadino, l’hanno reso egoista e violento. Louis Blanc, Proudhom, Cabet e dieci altri stolidi che si credono salvatori del mondo, hanno empito la testa al popolo di miglioramenti improvvisi, di paesi della cuccagna, e se il popolo non vede possibilità di realizzazione immediata di tutti questi sogni, non si muove. L’onore, la libertà, l’opinione europea son nulla per esso. Per noi nulla è cambiato. Bisogna che gli Italiani intendano questo, e raddoppino d’attività per prepararsi a cogliere l’occasione che sorgerà, e, se non sorgesse, anche a cercarla.”
La mappa dei comitati segreti in Italia si estendeva rapidamente.
A Roma, in Sicilia, in Toscana i mazziniani diffondevano la stampa clandestina e raccoglievano le sottoscrizioni per acquistare i fucili, affiggevano manifesti. Nel Lombardo Veneto, sotto l’impulso del sacerdote mantovano Don Enrico Tazzoli, presidente del Comitato mazziniano della Lombardia, la cospirazione sfidava apertamente l’Austria.
Ai primi di ottobre Mazzini arrivò alla frontiera Svizzera e la attraversò esibendo un passaporto intestato a un inesistente uomo d’affari britannico. Alla frontiera il doganiere visionò il passaporto, guardò in faccia Mazzini e gli fece cenno di passare.
Giunto in Svizzera in incognito, Mazzini trovò ospitalità presso Albert Golen, in una villetta fuori Ginevra.
Mazzini lesse un biglietto che il cameriere gli aveva dato a nome della contessa Dal Verme e pensò:”Bene, bene, la contessa si offre di trasportarmi con la sua carrozza a Losanna, dovrò avvertire Saffi che l’appuntamento è a Rolle, all’una dopo mezzanotte.
Mazzini uscì nuovamente per raggiungere la casa in cui abitava Saffi e appena arrivò gli disse:”Aurelio, la contessa Dal Verme ci manda la sua carrozza al Rolle all’una dopo mezzanotte in forma tu e Young.”
Al tramonto Mazzini si trovò in una strada poco fuori Rolle. Era infreddolito e canticchiava:”... mourir pour la patrie…” quando Saffi e Ernst Young si unirono a lui sulla strada in riva al lago. Continuarono svelti in silenzio, mentre alle prime ombre della sera spiccava l’abito bianco di Young.
Finalmente, affannati, sul luogo convenuto, trovarono la carrozza ad aspettarli. I tre salirono e la carrozza lentamente si avviò.
Durante il viaggio Saffi aggiornò Mazzini:”Lo spiegamento di forze e i metodi sbrigativi dell’Austria sedano ogni istinto di rivolta. I lombardi e i veneti si danno alla resistenza passiva, un’apparente soggezione che nasconde la ribellione.” Mentre Saffi parlava la carrozza marciava a passo sostenuto trainata da due bellissimi cavalli neri.
“Ci sono tre correnti dominanti: i nobili, che attendono la liberazione da Torino, riponendo ogni fiducia nella monarchia sabauda; ne sono a capo Alessandro Porro, Emilio Dandolo e Alessandro Manzoni.
Poi c’è la nostra corrente, composta prevalentemente da popolani e da artigiani che continuano a credere che ogni giorno è buono per iniziare l’insurrezione senza confidare nell’aiuto di alcuno. Vi sono poi i repubblicani federalisti, capeggiati da Cattaneo che aspira alla rinascita intellettuale e morale senza il ricorso a congiure e che comunque non ne vuole sapere del re del Piemonte.”
E mentre Saffi illustrava la situazione nel lombardo-veneto, la carrozza continuava a correre.
Durante il viaggio Saffi passò poi a raccontare del fattaccio di Milano, dove in una strada Amatore Schiesa era stato sorpreso mentre affiggeva un manifesto del Comitato Nazionale Italiano. Motivo questo per cui venne arrestato e poi fucilato. “A Milano la notte del 31 Luglio un povero tappezziere, Amatore Sciesa, stava affiggendo uno dei nostri manifesti, quando è stato arrestato da una pattuglia austriaca e dopo un sommario processo in cui era stato condannato alla morte per impiccagione è stato fucilato perché il boia era in quei giorni fuori Milano.
I nostri decisero la morte del dottor Alessandro Vandoni, confidente della polizia, che aveva fatto arrestare e processare un suo dipendente che raccoglieva soldi per la causa. La sentenza è stata eseguita da Claudio Colombo che in pieno giorno si è fatto incontro al Vandoni che rincasava in via Duini e lo ha fulminato con una stilettata al cuore, allontanandosi poi tranquillamente”
Se nel lombardo-veneto l’attività cospirativa popolare aveva un notevole seguito, lo stesso si poteva dire di notte per le strade di Roma che si trasformavano in una trappola mortale per i papalini e i gendarmi francesi, colpiti dagli spadini che le popolane portavano tra i capelli, mentre preti, monsignori, spie e poliziotti cadevano nelle imboscate tese dai transteverini nell’oscurità dei vicoli.
In uno scantinato il Comitato Nazionale mazziniano di Roma dava anche precise istruzioni al proprio braccio militare detto delle teste d’ argento, composto da uomini che colpivano duro.
Qualche settimana dopo, nel salone della Taverna dei Framassoni di Londra, la società inglese Friends of Italy si era riunita in seduta plenaria ed era presieduta dal deputato inglese Duncombe:”Cari Amici.
Alla riunione della nostra società Amici dell’Italia che ho l’onore di presiedere sono presenti oggi Giuseppe Mazzini e Luigi Kossuth, i due patrioti che da lungo tempo ormai combattono da esuli contro l’Austria che impedisce che i loro paesi, l’Italia e l’Ungheria, diventino nazioni indipendenti. L’Italia è ancora suddivisa in tanti Stati autoritari e Mazzini si batte anche per la sua unità.
Oggi Giuseppe Mazzini, cui devo un ringraziamento particolare perché è venuto tra noi nonostante sia febbricitante, ci spiegherà le ragioni per cui il popolo inglese non può restare estraneo alle miserie e al dolore dei popoli oppressi dall’Austria e dai suoi alleati.”
Quando Mazzini, malfermo sulle gambe, comparì nella sala si fece un grande silenzio. La gente accalcata fino all’inverosimile guardava la figura esile e dignitosa dell’oratore.
Mazzini apparì confuso, ma fu questione di un attimo, poi la platea si levò in piedi in un fragoroso interminabile applauso. Anche Kossuth applaudì sorridendo. Quando tornò il silenzio Mazzini cominciò a parlare. Quadrio era seduto al tavolo accanto a lui ed era stupito da tanta commozione del pubblico.
“Ci sentiamo dire spesso, qui in Inghilterra, che continuiamo a privilegiare la pericolosa e incerta via della rivoluzione, mentre dovremmo tentare le quiete vie del lento e pacifico progresso e cioè l’educazione morale e intellettuale del popolo con le scuole, i libri, i giornali. Già. Il popolo dovrebbe leggere: ma quali libri, quali giornali? Eccettuato il Piemonte, dove si è conquistata qualche libertà, non esiste libera stampa in Italia, ma solo i libri imposti dal regime.”
Mentre Mazzini parlava, le persone assentivano alle sue parole o bisbigliavano fra di loro.
"E dobbiamo noi affidare la rigenerazione della nostra Patria a un insegnamento che dice ai nostri fanciulli i sudditi devono comportarsi verso il sovrano come i servi fedeli verso il padrone e un altro che predica è necessaria la miseria perché i ricchi possano esercitare la carità; alla dottrina che insegna che il potere del sovrano si estende sugli averi e sulla persona e sull’altra che predica che la verità non esce se non dalle labbra del papa?”
Il pubblico si levò in piedi e applaudì Mazzini, che proseguì:”Sapete voi che in una parte del nostro paese, dove non si fa nulla per sopprimere la povertà, un decreto governativo esclude dalle scuole elementari i fanciulli che la povertà stessa condanna ai cenci?”
A questa evocazione alcune signore si asciugarono gli occhi con fazzolettini ricamati e alcuni signori fecero gesti di stizza.
“Che l’ Inno dell’ Imperatore austriaco è cantato due volte al giorno nella scuola lombarda per l’infanzia? Che la storia e la filosofia italiana s’ignorano nei corsi scolastici?
Nelle scuole che voi ci esortate a moltiplicare, i nostri figli imparano ipocrisia, servilismo, sottomissione abbietta e paura: forse a maledire e a denunciare il padre proscritto.
Voi avete steso una mano amica al popolo italiano; la causa nazionale, per la quale egli combatte, vi è sembrata giusta, santa, importante e noi vi porgiamo grazie.
Dite ai vostri pacifisti, che noi non possiamo e non vogliamo aver pace senza giustizia; che la Provvidenza ha operato, per mezzo di guerre, l’incivilimento di metà del mondo e può ancora operare il trionfo emancipatore sul quale riposeranno per lunghi secoli la pace e l’ amore.”
Il pubblico scattò ancora in piedi ad applaudire. Parecchi avevano le lacrime agli occhi, le ragazze salutavano agitando le braccia e Quadrio, che conosceva il carattere degli inglesi, se ne meravigliava, e più tardi avrebbe scritto:”Diavolo di un Mazzini, col suo breve discorso ha fatto vibrare la corda dell’animo inglese, ma forse a suscitare tanto entusiasmo sarebbe bastata la sua sola apparizione”