8. lug, 2022
121° post - "MORTE DI MARIA DRAGO MAZZINI" - 3° paragrafo / 3° capitolo - I moti mazziniani dal 1852 al tentativo di Carlo Pisacane (1852-1858)
Dall'almanacco dei martiri del dovere, riportiamo che, come oggi, l'8 luglio 1828 nel trasferimento da Bosco (Salerno), i repubblicani Bonifazio Oricchio di Vallo di Novo (Salerno), padre di 5 figli, Domenico Mattia e Angelo Mazzarelli vecchio ufficiale, trascinati in catene per punire la loro idea, caddero esanimi lungo la via e i loro cadaveri furono abbandonati nelle vicinanze di Prignano (Salerno) dalla sbirraglia borbonica.
Morte di Maria Drago Mazzini
L’otto agosto 1852 Maria Mazzini, appena tornata a casa dalla messa, si mise a leggere ad una amica la lettera che aveva appena ricevuto dal figlio.
Improvvisamente, la donna, colta da malore, cadde e l’amica la portò a fatica sul proprio letto.
Poco dopo una persona suonò alla porta e si presentò all'amica della madre di Mazzini:”Sono Napoleone Ferrari, la signora mi ha chiamato come esecutore delle sue ultime volontà”.
“Caro Ferrari, le ho già dato le mie istruzioni per l’eredità, ma avevo dimenticato una cosa: sulla mia tomba deve esserci scritta una sola frase: Maria Drago, madre di Giuseppe Mazzini. Mi raccomando a lei affinché questo mio desiderio sia rispettato.”
E poi con voce sempre più confusa “Mio figiu...mio figiu!”
Ventiquattr’ore dopo Maria Mazzini morì.
Tra i portuali corse presto la voce che la madre di Mazzini era morta.
Improvvisamente, quindi, le navi inglesi, olandesi, svedesi, danesi e americane alla rada del porto di Genova ammainarono le loro bandiere a mezz’asta ed abbassarono in croce i pennoni in segno di lutto.
Alle sei pomeridiane il corteo funebre della madre di Mazzini iniziò a snodarsi per le stradine di Genova con i capitani delle navi straniere che si unirono al corteo e, a turno portarono a spalla il feretro da Piazza dei Forni a Staglieno dove giunse a notte inoltrata.
Il corteo era composto, in prima fila subito dietro la Banda Civica, dagli operai e i portuali, seguiti dalle rappresentanze di tutte le Associazioni operaie e di Mutuo soccorso di Genova e Sampierdarena con le loro bandiere rosse e tricolori, fra cui spiccavano quelle dei tipografi e dei barcaioli. Almeno 15.000 persone fecero il tragitto, mentre tutta la città era per le strade a guardare. Tutte le finestre lungo il tragitto accesero un lume e la lunga strada fu illuminata dalle fiaccole.
Anche i poliziotti sabaudi in borghese seguivano il feretro pronti ad arrestare Mazzini, qualora questi si fosse fatto vivo.
Qualche giorno dopo Mazzini era in camera sua a Londra, mentre stava cantando una mesta canzone accompagnandosi con la chitarra. La porta della sua stanza si aprì a metà: si affacciò sulla porta Emilia Hawkes che teneva in mano una lettera. Mazzini si interruppe e si rivolse a Emilia:”Emilia cara, perché siete tornata così presto, e cosa avete che siete tanto pallida?”
“Caro Pippo, c’è una seconda lettera…”
Mazzini diventò bianco come un lenzuolo e con voce tremolante disse all’amica:”Ho capito...lasciatemi solo, non temete, sono forte. Non lasciate venir nessuno”.
Emilia senza aggiungere parola se ne andò e poi, mentre scendeva le scale, Mazzini la raggiunse e l’abbracciò dicendole:”Non lasciate venir nessuno. E’ la sola cosa che vi prego”.
Rientrato in camera, Mazzini tremando, si mise a passeggiare per la stanza notte e giorno con lo sguardo fisso nel vuoto. Dopo due giorni Carolina Hawkes, con la sorella Emilia andò a trovare Mazzini.
“Oh povero mio bambino, che non avrà mai, mai un bacio suo, nè benedizione sua!” disse Carolina vedendolo.
Sentendo queste parole Mazzini scoppiò in un pianto dirotto.
A Genova intanto in casa Mazzini, Napoleone Ferrari, l’esecutore testamentario amico di Mazzini, stava inventariando gli oggetti appartenuti a Maria. Trasse di tasca una lettera e la lesse:”Caro Ferrari, aspetto la lista dei piccoli oggetti, gioie, ricordi ecc. Alcuni sono ricordi che non potevano essere che in mano di mia madre o mia. Quanto alle cose mobili, sia no, morrei di fame piuttosto che lasciar che si vendesse una sola di quelle piccole gioie o memorie: distribuirò tra gl’intimi di mia madre e terrò il resto. Fa dunque questa lista delle cose minute.
La raccomandazione che tu mi fai sul non cacciar via il mio, è sentita da me come se mi venisse da lei. Non caccerò via stoltamente quello che essa ha serbato con tanto zelo d’amore. Non v’è che una sola cosa, la quale potrà costringermi a prelevare una somma considerevole: e tu la immagini ed è tale che se tu mi fossi vicino l’approveresti. Ma lo farò con core pacato e con la coscienza che mia madre mi approverebbe.
Tuo Giuseppe”
Ferrari ripose la lettera di Mazzini e iniziò a catalogare i piccoli oggetti che trovò nella camera di Maria.