Articoli pubblicati sul Pasquino online nell'anno 2008 (IV parte)

Pubblichiamo la prima replica del repubblicano Giulio Gherardo Starnini all'articolo sul risorgimento di Patrizio Placuzzi

Caro Placuzzi, spero che oltre ben documentato come tu scrivi sul risorgimento, su Garibaldi e le imprese garibaldine tu sia in buona fede. Credo infatti che delle due l’una, o la tua conoscenza su questi temi è data da scrittori poco seri o tu sei in malafede.

Mi spiego meglio. Ammesso che nessuno è perfetto, né lo è mai stato, ti sentiresti di dire che Maradona nonostante tutti i suoi vizi non ha portato sui campi da calcio tra le più belle e importanti giocate della storia, e pochi come lui, forse nessuno hanno dato tanto al calcio? Io no, e non credo neanche tu. Allo stesso modo potremmo dire per John Lennon e la musica e Garibaldi e l’umanità.

Se non fosse che su Garibaldi ci sono invece da qualche tempo in qua dei signori molto ignoranti (nel senso che denotano di non sapere parecchio sull’uomo, il soldato, il marinaio, l’animalista, il massone, il politico e tanto altro che esso è stato) che per alcune notizie prese qua e la hanno incominciato a scriverle sui libri, e a costruirci attorno castelli di dubbia storicità.

Non potendo dibattere con essi, mi limito a te che da questi “vati” hai colto a mio avviso un significato del tutto errato del risorgimento e di Garibaldi. Intanto per essere credibile nella tua ricostruzione dovresti essere più preciso a definire qual è per te l’età del Risorgimento (leggendoti sembra essere il decennio 1860-1870).

E’ bene al proposito, come tu chiedi contestualizzare i fatti al proprio periodo storico e in tal senso non si può non cogliere nella tua riflessione una riduzione alquanto discutibile circa il periodo considerato. Stando per esempio alla “L’età del Risorgimento italiano” dello storico Adolfo Omodeo, egli così la descriveva:

Potrei solo aggiungere a questa versione di Omodeo, che mi è impossibile mettere sullo stesso piano personaggi di umanità gigantesca quali Mazzini e Garibaldi con Cavour che odiava Mazzini (lo fece condannare a morte) e temeva Garibaldi.

In sintesi poi posso condividere con te che un paese civile democratico non debba avere paura della crescita e della diffusione di una storiografia alternativa a quella che ci hanno sempre insegnato nella fattispecie nei libri di testo della scuola pubblica. Ma non che una storiografia che di fatto mette pesantemente in discussione alcuni miti, quasi per una sorta di vulgata popolare, che si sono consolidati nel tempo, abbia senza una forte credibilità di fatti la meglio sulla storia dei martiri e dei perseguitati.

Sotto la dinastia dei Borboni infatti, per stare al tuo primo esempio, Napoli era sì la capitale di un regno, ma no di un regno legittimo in senso popolare, al più legittimo per riconoscimento dello stesso da parte di altri regni o imperi assolutistici e tirannici. Non dimentichiamo infatti che la tanto sbandierata ferrovia Napoli-Portici (primo tratto ferroviario italiano) dagli “storiografi alternativi” a dimostrazione dell’avanzamento e della modernità del regno borbonico, altro non era che la punta d’un iceberg pari ad un orpello di cui potersi vantare da parte dei re borboni con i parenti degli altri regni o imperi europei. Ma l’icesberg non era formato da infrastrutture modernizzatici del meridione, ma bensì da privilegi enormi a beneficio di pochissimi unti ed eletti contro le condizioni miserevoli della stragrande parte della popolazione. La prima ferrovia italiana, non era a servizio degli abitanti del regno, ma dei reali e dei loro dignitari e così anche il famoso e altrettanto sbandierato (dai soliti storiografi alternativi) tesoro della corona borbonica ben superiore a quello del regno di Savoia, era per l’appunto ad uso e consumo del solo mantenimento dei privilegi e dei capricci di questi reali e dei loro dignitari. A Napoli in effetti si creò a differenza di tutto il resto del meridione (cioè dei due originari vice reami spagnoli trasformati poi in regno delle due sicilie che per secoli hanno portato le ricchezze prodotte in Spagna) una città più emancipata nella popolazione nobile, di livello europeo, nonostante i livelli da fame per la stragrande parte della popolazione cittadina. Purtroppo quando questa popolazione prevalentemente nobile e in piccola parte borghese (la borghesia era praticamente inesistente nel resto del meridione a documentazione dell’arretramento culturale di questo regno) decise di dare corso alle proprie aspettative, proclamando la repubblica napoletana del 1799, costoro furono chi decapitato, chi incatenato a vita, chi privato di ogni diritto e dignità dentro o fuori dal regno da quei sovrani, “popolari” secondo la solita storiografia alternativa.

In realtà il tesoro della corona non fu mai speso neanche per un soldo per migliorare le comunicazioni (in Piemonte per aprire il passo del Frejus e garantire alla borghesia più agevoli traffici con l’Europa si arrivò ad un indebitamento da far tremare i polsi), le strade di tutto il meridione erano poco più che sentieri, la vera industria “avanzata” del regno era il latifondo, e il diritto civile concepiva e faceva praticare ad abbundantiam la regola della “ius prima nocti”. L’industria o il tentativo d’industria delle ceramiche di CapodiMonte, fu una delle poche eccezioni di buon governo realizzata da Carlo III figlio di una Farnese (italianissima guarda caso) presto fatte passare in second’ordine dai successivi matrimoni dinastici riportanti fuori dal regno la parte più consistente della produzione interna. Non inganni poi la giovialità popolare per cui vien menzionato il re ottocentesco delle due sicilie dai soliti storici “alternativi”. E’ vero egli parlava napoletano con il popolo alla taverna, ma solo per andare a dilettarsi con il gioco popolare a cui non resisteva. In realtà lo stesso quando potè ritirò e sconfessò la costituzione che la parte più democratica e risorgimentale dei suoi sudditi gli aveva proposto e fatto firmare. O certo non era così impopolare a Napoli come a Palermo dove il suo predecessore fu soprannominato il “re bomba” per aver fatto cannoneggiare sulla testa della popolazione palermitana indimenticabili palle vere di cannone (non palle in libertà come quelle a sostegno delle tesi e delle riletture revisioniste dei soliti “storici alternativi”).

Ascoltando poi la prof.ssa Taricco ultimamente all’università ho saputo che i tanto invocati inglesi (dagli storici “alternativi”), nemici giurati del “legittimo regno delle due Sicilie”, iniziarono i loro famelici traffici nel meridione, non grazie a quel maledetto ateo di Garibaldi, ma proprio con quell’opportunista del re delle due Sicilie, che ad inizio del 1800 mentre Napoleone poneva blocco navale agli inglesi ovunque, gli diede libero approdo in Sicilia e con esso anche le ben remunerate concessioni delle miniere di zolfo (preziosissime) e delle piantagioni di uva per Marsala (che presto a costo inferiore al Porto gli inglesi commerciarono a danno del Portogallo).

Gli interessi inglesi nel meridione non li ha certo quindi portati ne tanto meno mantenuti Garibaldi. E se il primo ministro inglese Gladstone non fu mai stato dentro una galera borbonica, ciò non gli impedì di conoscere come erano fatte dai numerosi disgraziati che per le più svariate ragioni le avevano frequentate. Resta, a mio avviso che chiunque distingue valori del fascismo da quelli della resistenza, schiavitù da risorgimento, la condivisione della famosa frase di quel premier inglese: non può essere che un’autorevole testimonianza.

Convengo quindi con te la necessità di essere critici verso questo periodo storico e a differenza di te verso coloro che con la loro penna e la propria parola non perdono occasione per infamare ed infangare la memoria di chi ha liberato nel bene o nel male quella parte di mondo da un potere assolutistico e tirannico. Al proposito non si può non ricordare che non fu un caso che dopo l’impresa dei Mille, l’unico sovrano disposto ad accogliere i regi borboni fosse il re dello stato della chiesa cattolica, Pio IX.

Quest’ultimo, che fece ammazzare molti patrioti con la pena di morte e istigò due eserciti imperiali a restituirgli il titolo di re nel 1849 con la distruzione nel sangue di migliaia di uomini e donne difensori della repubblica romana, fatto santo qualche hanno fa dal suo successore Giovanni Paolo II, bene, solo quest’esempio di buon cattolico poteva dare asilo ai borboni fuggitivi nel 1859. E perché? Ma perché non solo nel 1849 lo ospitarono durante la repubblica romana, ma soprattutto perché moglie del tristemente noto “Franceschiello” era la figlia del duca di Baviera che già nel 1849 aiutò il sant’uomo, vicario di Cristo in terra, a rifugiarsi a Gaeta, nonché sorella della più nota principessa Sissi, a sua volta moglie del cattolicissimo imperatore austriaco Francesco Giuseppe.

Insomma un quadretto di famiglia ideale, con tanto di benedizione del papa a puntello di quel sistema di vita che ha relegato il meridione d’Italia in una delle parentesi più tristi della storia dell’umanità.

Richiamando poi il fatto che il bicentenario della nascita di Garibaldi coincide quest’anno e non tra due (2007 e non 2009), da democratico, non posso che rallegrarmi del fatto da te riportato che esistano parlamentari della libera repubblica democratica italiana quali Calderoli e Pistorio da Sicilia che possono esprimere in Parlamento le proprie pur rozze e infondate ragioni storiche. E anche se sono solo due su centinaia di parlamentari, non posso anch’io non constatare che le tesi, prima ancora che i fatti, declamati dagli storici “alternativi” fanno presa come i super alcolici agli ubriachi, in numero sempre più crescente.

Credo però che di ciò non abbiano colpa certo Garibaldi o addirittura Mazzini, che peraltro osteggiò fino alla morte i veri artefici delle conseguenze devastanti dell’unità d’Italia: i Savoia.

Semmai devi rivolgerti oltre che agli autori di quei libri che hai citato, a chi gli da i soldi per pubblicarli. Inoltre non perderei di vista tutti coloro che hanno portato al sapor di muffa queste storie dei nostri avi, che con il loro sacrificio hanno fatto discendere su di noi le prime avvisaglie e le prime conquiste delle libertà di cui ancor oggi in qualche modo godiamo.

A Rimini se ti può consolare abbiamo celebrato Garibaldi con varie iniziative, tra le quali una targa vicino a porta montanara nella via a lui dedicata, con richiamate le sue parole in occasione dell’attribuzione della cittadinanza onoraria all’eroe dei due mondi. Altro che agiografia e retorica, c’era un sacco di gente e tanti hanno sfilato fino a piazza Cavour contenti di esserci.

Era il 1859 e le cronache dell’epoca riportano che un numero imponente di riminesi di ogni ceto e classe sociale portarono soldi per l’acquisto di fucili necessari alla più famosa impresa. Molto tempo è passato è vero, ma io mi preoccuperei più del fatto che oggi la stessa onorificenza è riconosciuta ad un vescovo come quello appena destituito.

Quindi non entro nel merito delle cose che hai detto di Garibaldi, a dir poco ingrate, mi limito a ricordarti che oltre che per la causa italiana, fu chiamato anche a “prestarsi” per la causa del nord degli USA contro quella del sud. Egli, che era un galantuomo, nonostante la richiesta di Lincoln fosse di guidare quale generale in capo le sue truppe contro gli schiavisti del sud, rispose no grazie. Motivo dichiarato, il fatto che la schiavitù era in realtà ancora praticata in varie forme (e spesso tutelata di fatto ) anche al nord.

Poi tanti nella storia hanno sfruttato impietosamente e falsamente l’immagine e le idee di uomini di grande umanità. E’ stato così per Cristo da parte dei papi, e come richiami tu di Garibaldi con Mussolini. Pazienza, la storia non si cambia, l’importante è studiarla con rispetto e lettura d’insieme tale che non faccia divenire le vittime carnefici e viceversa.

Garibaldinamente

Giulio Gherardo Starnini