14. mag, 2022

67° post /Reminder 1: Domenica 12 giugno si possono votare cinque referendum per riformare il codice penale fascista in vigore e per una rivoluzione democratica

Dall'almanacco dei martiri del dovere, riportiamo che, come oggi, il 14 maggio 1862, a Palazzolo vennero arrestati il colonnello garibaldino Francesco Nullo e Giuseppe Ambiveri di Bergamo, sospettati di star preparando una spedizione al di là del confine austriaco. A sera dello stesso giorno i militari regi occuparono varie uscite del paese di Sarnico e arrestarono cinquantacinque giovani patrioti repubblicani italiani fatti radunare da Garibaldi per esercitarsi al tiro a segno.

Lunedì scorso si è tenuta la “più grande convention sugli errori giudiziari in Italia”. È stata l’occasione per presentare il libro di Irene Testa dal titolo "Il fatto non sussiste". Storie di orrori giudiziari ma anche per fare il punto sui cinque referendum sulla riforma dell'amministrazione della giustizia in Italia.

Facciamo il punto proprio con Irene Testa grazie all'intervista sul quotidiano "Il Riformista" che di seguito ripubblichiamo parzialmente.

Che bilancio fa della convention sugli errori giudiziari?
Un bilancio certamente positivo se consideriamo che più di 30 persone tra politici, amministratori, sindaci e persone comuni – alcuni accompagnati dalle loro famiglie – sono arrivati da tutta Italia per raccontare le loro vicende processuali. Radio radicale ha trasmesso in diretta l’evento e sono stata sommersa da messaggi e segnalazioni di ingiuste detenzioni. Nel nostro Paese esiste un esercito di persone perseguitate, incriminate e poi assolte a causa di una giustizia che non funziona e che, anziché far sentire il cittadino al sicuro e protetto, incute paura e distanza.

Nel suo libro lei passa in rassegna 25 storie, di personaggi noti ed ignoti, perseguitati per anni da una giustizia che non funziona, protagonisti di veri e propri calvari giudiziari. Ci racconta qualcuna di queste storie, a partire da quella che l’ha più impressionata o emozionata?
Le storie raccolte, per un verso o per l’altro, mi hanno tutte emozionato perché queste persone raccontano il dolore profondo e a volte lacerante che hanno vissuto sulla propria pelle. Il professionista con la carriera distrutta, il sindaco o l’amministratore costretto a dimettersi e a subire la gogna mediatica, il povero cristo costretto a dover chiedere aiuto perché spesso non ha i mezzi per mandare avanti i processi. E poi ci sono le famiglie che sono vittime anche loro. Tra tutte le storie, quella che mi commuove sempre – anche se una vecchia storia – è quella di Aldo Scardella: aveva 25 anni, era uno studente universitario quando fu portato nel carcere Buoncammino di Cagliari accusato di omicidio. Aldo non resse alla grande ingiustizia che stava subendo e si suicidò lasciando un messaggio alla famiglia con scritto “mamma muoio innocente”. Nessuno ha mai chiesto scusa alla famiglia.