2. lug, 2022

115° post - "'TRIUMVIRO ALLA REPUBBLICA ROMANA" - 10° paragrafo/2° capitolo - Dall’inizio dell'esilio inglese alla fine della Repubblica Romana (1837 - 1849)

Dall'almanacco dei martiri del dovere, riportiamo che, come oggi, il 2 luglio 1821 ad Avellino fu fucilato Nicola Bruno bracciante di Candida (Avellino), sospettato di Carboneria, arrestato con indosso due stili e 29 cartucce a palla.

Triumviro della Repubblica

Mazzini aveva preso alloggio a sue spese all’albergo Cesari in Via della Pietra. Nella stanza di Mazzini c’erano un tavolino d’abete, cinque scranni di paglia per giaciglio, una brocca d’acqua con il catino e l’asciugamano. Mazzini ogni tanto usciva in orari inconsueti a passeggiare per le strade deserte di Roma.

Un giorno, mentre camminava per le strade di Roma, entrò in una trattoria e si sedette in disparte con un piatto di minestra e una caraffa d’acqua.

Più tardi, finito il pasto si diresse al Palazzo del Quirinale. Nel grande salone delle assemblee, nel Parlamento riunito, il presidente dell’assemblea si rivolse all’aula stracolma dopo la votazione:”Oggi, 29 marzo 1849, il dottor Giuseppe Mazzini viene eletto triumviro con poteri illimitati per la guerra di indipendenza e per la salvezza della Repubblica”.
Fu interrotto da un fragoroso applauso, e poi riprese:”I romani avrebbero voluto proclamarlo Dittatore, ma Mazzini si è rifiutato di accettare per ragioni di principio: così, accanto a lui, sono eletti al triumvirato i dottori Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Propongo quindi che Mazzini si trasferisca al Quirinale, nella residenza che fu del Papa, in modo che sia noto a tutti di quale onore e prestigio gode presso l’Assemblea e presso il popolo romano”.
A queste parole vi fecero seguito ancora più applausi scroscianti e grida:”Mazzini, Mazzini…”
Mazzini commosso si alzò dal suo banco e prese la parola:”Vi ringrazio di cuore e spero di meritare l’onore che mi fate. Assieme a Saffi e Armellini difenderò la Repubblica fino alla morte. Accetterò di abitare in questo Palazzo, anche se la mia stanzetta all’albergo Cesari mi è più che sufficiente. Vorrà dire, che quando alloggerò qui mi riuscirà di essere più puntuale agli affari di Stato che mi attendono.”

Terminata l’assemblea, un usciere accompagnò Mazzini lungo i corridoi e attraverso le stanze del Quirinale. Finalmente, arrivato ad una stanza più piccola delle altre e piena di libri, e con una scrivania, Mazzini si fermò e rivolto all’usciere gli disse:”Questa va bene, portatemi un giaciglio e un lavabo per favore”.
Il giorno seguente mentre Mazzini e Saffi passeggiavano tra le rovine del Foro per scoprire le bellezze della città, il secondo disse:”Giuseppe, devi pensare più a te stesso, non puoi continuare a restituire le tue 795 lire mensili di appannaggio alla Repubblica perché siano devolute ai più bisognosi!”
Mazzini si fermò, fissò Saffi, sorrise e disse semplicemente:”Non ti preoccupare di me, Aurelio: mia madre mi manda, come sempre, quanto basta per i miei pasti; in più la Repubblica mi ha concesso l’alloggio al Quirinale, senza chiedermi alcun compenso.”


Qualche giorno dopo, ancora nel salone dell’assemblea del Palazzo del Quirinale, nell’aula gremita, Mazzini dal suo posto di triumviro, alzatosi parlò:”Da cinque giorni siamo rivestiti del sacro mandato di preservare la Repubblica da qualunque pericolo interno o estero e di rappresentarla degnamente nella Guerra dell’Indipendenza italiana. Dobbiamo provare all’Italia e all’Europa che il nostro grido Dio e il Popolo non è una menzogna e che l’opera nostra è religiosa, educatrice, morale. Noi non siamo governo di un partito, ma governo della nazione. La nazione è repubblicana. Il governo della repubblica è forte: quindi non teme.
Inesorabile quanto al principio, ma tollerante e imparziale coi singoli individui. E questi sono i propositi del Triumvirato: economia negli impieghi; moralità e capacità accertata nella scelta degli impiegati messi a capo d’ogni ufficio della amministrazione, dovunque e solo per concorso. Ordine e severità nella sfera finanziaria, limitazione di spese, guerra a ogni prodigalità, attribuzione d’ogni danaro del Paese all’utile del Paese. Non guerra di classi, non ostilità alle ricchezze acquistate, ma tendenza continua al miglioramento materiale dei meno favoriti dalla fortuna, e volontà ferma di ristabilire il credito dello Stato. Poche e caute leggi, ma vigilanza decisa sulla loro esecuzione.
 Sono queste le basi generali del nostro programma che riceverà da noi sviluppo più o meno rapido a seconda dei casi, ma che, intenzionalmente, noi non violeremo mai.”
I deputati dell’Assemblea e il pubblico si alzarono tutti in piedi e batterono le mani silenziosi e commossi.
Mazzini interruppe gli applausi con la mano e concluse:”Noi abbiamo fede nel popolo; il popolo abbia fiducia in noi e ci giudichi dalle nostre opere.
Il Paese non deve né può retrocedere: non deve né vuole cadere nell’anarchia.”